di Gianfranco Rosi (Italia /Francia 2016, 107′)

Ingresso libero e gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili.

Nel vedere l’ultimo, osannatissimo, orso d’oro alla Berlinale 2016, documentario di Gianfranco Rosi, uno degli aspetti che colpisce lo spettatore è di fatto la struttura articolata su due film paralleli. Da un lato, la tragedia dei migranti e l’incessante attività della Marina italiana, di forze dell’ordine e personale medico. Per trovarli, prima di tutto, in mezzo al buio più profondo della notte, guidati dalle voci disperate che chiamano con cellulari chiedendo aiuto in nome di Dio e spesso non ce la fanno, e la loro morte è solo l’ennesimo bollettino radiofonico. Per caricarli a bordo, vivi o in fin di vita, con bambini e donne in avanzata gravidanza, identificarli, curarli, nutrirli e sistemarli nel centro di accoglienza. O per chiuderli in dei sacchi neri e seppellirli senza nome.

Dall’altro lato, l’isola di Lampedusa, nella sua quotidianità invernale e piovosa (bellissime le immagini del paesaggio a colori lividi), e alcuni dei suoi abitanti. Un ragazzino che si fabbrica la fionda da solo e va sul pontile “a farsi lo stomaco” perché, pur essendo figlio di pescatori, soffre il mal di mare. Sua, nonna, lo zio pescatore, un’anziana coppia, un silenzioso sub che va a caccia di ricci, il conduttore della radio locale che mette canzoni siciliane a richiesta, e con dedica, degli ascoltatori. (Giovannella Rendi, Schermaglie.it)

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