{:it}Amsterdam, 1988. Il detective Lucas è incaricato di indagare sulla misteriosa morte della leggenda del jazz Chet Baker. Ripercorrendo gli ultimi giorni di Baker viene trascinato in un oscuro viaggio musicale. Mentre si addentra nella mente del famigerato trombettista, Lucas affronta contemporaneamente i propri demoni e le proprie ombre. "È realistica e ricercata la parte dedicata a Chet Baker, particolare la scelta di dedicare il film ai suoi ultimi anni e non a quelli del grande successo. È un film pieno di dolore e di senso di colpa nordico, autenticamente blues, ma credo sia un lavoro profondamente onesto e pieno di amore per la musica e per Chet."{:en}[Orig. Title MY FOOLISH HEARTH] Amsterdam, 1988. Detective Lucas is charged with investigating the mysterious death of jazz legend Chet Baker. His exploration of Baker's last days takes him on a dark musical journey during which he crosses the paths of Chet’s last lover Sarah, his loyal friend Simon and Doctor Feelgood, Chet’s ambiguous admirer. While he delves into the soul of the infamous trumpet player, Lucas also starts to face his own demons.
FEDERICA TUZI legge e racconta  Più veloce dell'ombra, Fandango Libri. Alessandra ha dieci anni, indossa solo salopette e adora giocare a flipper. E' ancora informe, un po' come Barbapapà, e le sue prime cotte sono per ragazzine bellissime e altezzose che non la degnano di un sorriso. Le piacerebbe parlarne con i suoi genitori, ma loro sono troppo presi a litigare e a rinfacciarsi la responsabilità di questa figlia piena di tic di cui non riescono a sentirsi orgogliosi. La lettura sarà accompagnata da una performance di disegno veloce. A modo loro, sono tre vittime degli stereotipi di gender: la madre è una Charlie's Angel perennemente a dieta che cerca di fare la mamma perfetta, la moglie perfetta e la casalinga perfetta, senza ovviamente riuscirci; il padre è un Magnum P.I. allegro e giocherellone che però sacrifica la sua vitalità per fare l'uomo in carriera; Alessandra viene continuamente scambiata per un maschio e si sente dire "lesbica" senza sapere che vuol dire.
{:it}Poche ore prima di celebrare il suo matrimonio nella tenuta del padre, Laura si concede una passeggiata in solitudine ritrovandosi a una festa insolita. La musica e l’atmosfera la distraggono per un attimo dai suoi pensieri fino a quando un evento inaspettato cambia drasticamente il corso della serata, coinvolgendo il padre e il suo futuro sposo. Il film impiega in modo brillante i codici del genere thriller e del filone "vendetta al femminile" per una riflessione sottile sul patriarcato, le relazioni stantie e l'emancipazione femminile.{:en}Bride-to-be Laura stumbles into her neighbor's party whilst taking a walk and suffers an aggression. Laura swears vengeance on those who filmed the action and sets out armed with a gun and knife. The Silent Party uses the revenge trope simply as a plattform to convey a much more subtle message about patriarchism, stale relationships and female empowerment.
{:it}In una remota cittadina islandese, Ingimundur è un capo di polizia in congedo dopo la scomparsa della moglie in un inspiegabile incidente stradale. Quando viene ritrovata una scatola con alcuni effetti personali della donna, Ingimundur inizia a sospettare che lei lo tradisse con un uomo del posto. Lentamente la ricerca della verità diventa ossessione e inevitabilmente l’uomo inizia a mettere in pericolo se stesso e i propri cari. {:en}In a remote Icelandic town, an off duty police chief begins to suspect a local man for having had an affair with his wife, who recently died in a car accident. Gradually his obsession for finding out the truth accumulates and inevitably begins to endanger himself and his loved ones. A story of grief, revenge and unconditional love
{:it}Marieme vive i suoi sedici anni come una successione di divieti imposti dalla società: l'attitudine sessista del quartiere, la legge dei maschi, la scuola davanti a sé come un vicolo cieco. Presto, l'incontro con altre tre ragazze cambierà tutto ciò. La protagonista inizia ad utilizzare lo pseudonimo di Vic ed entra in una banda di quartiere tutta al femminile; un'esperienza che permetterà a Marieme di vivere in libertà e di trovare un'identità al di fuori delle imposizioni sociali. Dopo lo straordinario successo di Tomboy, Céline Sciamma torna a raccontare la storia di una giovanissima protagonista in cerca di un’identità e di un posto nel mondo, con uno stile capace come pochi di catturare le emozioni più segrete dell’animo femminile. Presentato in apertura della Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes, Diamante Nero ha ottenuto quattro candidature ai César ed è stato finalista al Premio Lux del Parlamento Europeo.{:en}Oppressed by her family setting, dead-end school prospects and the boys law in the neighborhood, Marieme starts a new life after meeting a group of free-spirited girls. She changes her name, her dress code, and quits school to be accepted in the gang, reinventing herself and gaining a sense of self confidence in the process. However, she soon finds that this new life does not necessarily make her any happier. Powerfully acted and smartly scripted, Girlhood offers a fresh perspective on familiar cinematic territory.
{:it}Da sempre attenta al mondo dei giovanissimi e al tema dell’identità femminile, Sciamma torna con Petite Maman alle atmosfere di Tomboy, uno dei suoi film più amati, dimostrando ancora una volta una sensibilità fuori dal comune. Il film ha per protagonista Nelly, una bambina di otto anni che dopo la morte della nonna passa qualche giorno nella casa di campagna dove è cresciuta la madre, Marion. Girovagando nel bosco, si imbatte per caso in un’altra bambina che sta costruendo una capanna di legno e con cui nasce un rapporto speciale: la nuova amica si chiama proprio Marion… Grazie a una storia che molti critici hanno accostato alla fantasia di Miyazaki, Petite Maman conquista gli spettatori con una riflessione sulla memoria, l’amicizia e la famiglia.{:en}After her grandmother dies, Nelly (Joséphine Sanz) is taken to her mother's childhood home. While her parents go about cleaning out the house, Nelly explores the surrounding woods. She encounters Marion (Gabrielle Sanz), a girl exactly Nelly's age and to whom she bears a striking resemblance. The pair become fast friends, constructing a hut together, sharing lunches, and talking over the life transitions both are in the midst of. (Marion is only days away from going to hospital for an operation.) Incrementally, the girls' eerie similarities yield revelations that merge events of the past with those of the present. Small in narrative scope but deeply impactful, Petite Maman is a delicate, powerfully acted meditation on grief and memory by waving a fond farewell to childhood innocence, the people you love and the person you once were with radiant charm. A poignant and moving coming-of-age story, and an example of the way cinema can make real both memories, without losing their bitter honesty, and dreams, without compromising on their glowing promise.
L’obiettivo principale di HerStories. Le Storie, Plurale, Femminile è intraprendere un percorso di narrazioni collettive al femminile. Questa seconda edizione è dedicata alla narrativa al femminile e al disegno dal vero. Due forme d’arte, due linguaggi, che si incontrano per stimolare un dialogo fertile, un’interconnessione tra stimoli artistici e culturali. Un ciclo di letture accompagnate da performance basate su disegni realizzati dal vivo ispirati brani stessi, confluiranno in quattro brevi book-trailers. Per iniziare questa nuova avventura, nella sede del Detour APS il 21 novembre, la Maestra di Pittura Olga Silivanchyk terrà un corso di “disegno veloce” che preparerà le disegnatrici e i disegnatori a cimentarsi nelle performance che avverranno negli appuntamenti successivi. Federica Tuzi, Sara Pollice, Maria Xilouri, Marina Lalović, quattro protagoniste della nuova narrativa indipendente europea, tra esordienti e più affermate, si alterneranno alla lettura di estratti delle loro più recenti creazioni letterarie.
HERSTORIES alla sua prima edizione desidera tracciare un percorso di narrazioni collettive al femminile. Quel che si intende realizzare è un racconto espanso al femminile, dove la storia di ognuna di noi è anche quella di tutte le altre. Per inaugurare questa nuova edizione di Herstories, il 21 novembre la Maestra di Pittura Olga Silivanchyk terrà un laboratorio gratuito di “disegno veloce”. Il lab è propedeutico alle performance di disegno che avverranno durante le letture di Federica Tuzi, Sara Pollice, Maria Xilouri, Marina Lalović, quattro protagoniste della nuova narrativa indipendente europea, tra esordienti e più affermate. BIO. Olga Silivanchyk, Maestra di Pittura nasce a Minsk, Bielorussia, nel 1980. Dal 2013 vive a Roma. Nel 2003 inizia a scoprire i segreti della tecnica iconografica e prende lezioni di pittura, disegno e composizione. Nel 2004 all'Accademia Statale della Belle Arti di Minsk, nella Facoltà di Pittura, studia le tecniche tradizionali. Nel 2008 si è diplomata con la qualifica di “Pittore, Insegnante" e inizia a insegnare presso la Scuola Statale d’Arte N41 di Minsk. Dal 2013 insegna a Roma.
{:it}In una remota cittadina islandese, Ingimundur è un capo di polizia in congedo dopo la scomparsa della moglie in un inspiegabile incidente stradale. Quando viene ritrovata una scatola con alcuni effetti personali della donna, Ingimundur inizia a sospettare che lei lo tradisse con un uomo del posto. Lentamente la ricerca della verità diventa ossessione e inevitabilmente l’uomo inizia a mettere in pericolo se stesso e i propri cari. {:en}In a remote Icelandic town, an off duty police chief begins to suspect a local man for having had an affair with his wife, who recently died in a car accident. Gradually his obsession for finding out the truth accumulates and inevitably begins to endanger himself and his loved ones. A story of grief, revenge and unconditional love
{:it}Tsai Ming-liang (vincitore del Leone d'Oro nel 1994 con Vive L'Amour) torna finalmente dietro la macchina da presa, a distanza di sette anni dal suo ultimo film, Stray Dogs. Il grande maestro taiwanese ha diretto per decenni raffinate indagini sull'alienazione, l'isolamento e la bellezza fugace delle relazioni umane, con protagonista la sua musa, l'attore Lee Kang-sheng. Il suo ultimo film, DAYS, è indubbiamente uno dei suoi lavori migliori, più scarni e intimi. Racconta il regista: «Days mi ha liberato da quel processo produttivo dei cosiddetti film industriali. Ho raggruppato una crew molto più piccola e ho cercato di non sforare un budget eccessivo. Era ciò che desideravo fare» Lee interpreta ancora una volta una variazione su sè stesso, vagando nel solitario paesaggio urbano di Hong Kong in cerca di cure per la sua malattia; allo stesso tempo, un giovane immigrato laotiano che lavora a Bangkok, interpretato da Anong Houngheuangsy, procede nella sua dura routine quotidiana. Questi due uomini solitari si incontreranno in un momento di guarigione, tenerezza e liberazione sessuale. Tra le voci più catartiche della filmografia di Tsai, DAYS è un'opera sul desiderio, costruita con il consueto talento del regista per la composizione visiva e attraversata da una profonda empatia. Col consenso unanime della critica e del pubblico, Days ha vinto il prestigioso premio Teddy Award al Festival di Berlino 2020, onorificenza che attesta la migliore pellicola a sfondo LGBT.Per fare questo il regista aveva coinvolto un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles.{:en}The great Taiwanese filmmaker Tsai Ming-liang has been directing exquisite examinations of alienation, isolation, and the fleeting beauty of human connection featuring his muse Lee Kang-sheng for decades. His latest film, DAYS, will undoubtedly stand as one of his best, sparest, and most intimate works. Lee once again stars as a variation on himself, wandering through a lonely urban landscape and seeking treatment in Hong Kong for a chronic illness; at the same time, a young Laotian immigrant working in Bangkok, played by Anong Houngheuangsy, goes about his daily routine. These two solitary men eventually come together in a moment of healing, tenderness, and sexual release. Among the most cathartic entries in Tsai’s filmography, DAYS is a work of longing, constructed with the director’s customary brilliance at visual composition and shot through with profound empathy. With the unanimous approval of critics and the public, Days won the prestigious Teddy Award at the Berlin Film Festival 2020, an honor that certifies the best film with a LGBT background.
{:it}In una remota cittadina islandese, Ingimundur è un capo di polizia in congedo dopo la scomparsa della moglie in un inspiegabile incidente stradale. Quando viene ritrovata una scatola con alcuni effetti personali della donna, Ingimundur inizia a sospettare che lei lo tradisse con un uomo del posto. Lentamente la ricerca della verità diventa ossessione e inevitabilmente l’uomo inizia a mettere in pericolo se stesso e i propri cari. {:en}In a remote Icelandic town, an off duty police chief begins to suspect a local man for having had an affair with his wife, who recently died in a car accident. Gradually his obsession for finding out the truth accumulates and inevitably begins to endanger himself and his loved ones. A story of grief, revenge and unconditional love
{:it}Da sempre attenta al mondo dei giovanissimi e al tema dell’identità femminile, Sciamma torna con Petite Maman alle atmosfere di Tomboy, uno dei suoi film più amati, dimostrando ancora una volta una sensibilità fuori dal comune. Il film ha per protagonista Nelly, una bambina di otto anni che dopo la morte della nonna passa qualche giorno nella casa di campagna dove è cresciuta la madre, Marion. Girovagando nel bosco, si imbatte per caso in un’altra bambina che sta costruendo una capanna di legno e con cui nasce un rapporto speciale: la nuova amica si chiama proprio Marion… Grazie a una storia che molti critici hanno accostato alla fantasia di Miyazaki, Petite Maman conquista gli spettatori con una riflessione sulla memoria, l’amicizia e la famiglia.{:en}After her grandmother dies, Nelly (Joséphine Sanz) is taken to her mother's childhood home. While her parents go about cleaning out the house, Nelly explores the surrounding woods. She encounters Marion (Gabrielle Sanz), a girl exactly Nelly's age and to whom she bears a striking resemblance. The pair become fast friends, constructing a hut together, sharing lunches, and talking over the life transitions both are in the midst of. (Marion is only days away from going to hospital for an operation.) Incrementally, the girls' eerie similarities yield revelations that merge events of the past with those of the present. Small in narrative scope but deeply impactful, Petite Maman is a delicate, powerfully acted meditation on grief and memory by waving a fond farewell to childhood innocence, the people you love and the person you once were with radiant charm. A poignant and moving coming-of-age story, and an example of the way cinema can make real both memories, without losing their bitter honesty, and dreams, without compromising on their glowing promise.
{:it}Tsai Ming-liang (vincitore del Leone d'Oro nel 1994 con Vive L'Amour) torna finalmente dietro la macchina da presa, a distanza di sette anni dal suo ultimo film, Stray Dogs. Il grande maestro taiwanese ha diretto per decenni raffinate indagini sull'alienazione, l'isolamento e la bellezza fugace delle relazioni umane, con protagonista la sua musa, l'attore Lee Kang-sheng. Il suo ultimo film, DAYS, è indubbiamente uno dei suoi lavori migliori, più scarni e intimi. Racconta il regista: «Days mi ha liberato da quel processo produttivo dei cosiddetti film industriali. Ho raggruppato una crew molto più piccola e ho cercato di non sforare un budget eccessivo. Era ciò che desideravo fare» Lee interpreta ancora una volta una variazione su sè stesso, vagando nel solitario paesaggio urbano di Hong Kong in cerca di cure per la sua malattia; allo stesso tempo, un giovane immigrato laotiano che lavora a Bangkok, interpretato da Anong Houngheuangsy, procede nella sua dura routine quotidiana. Questi due uomini solitari si incontreranno in un momento di guarigione, tenerezza e liberazione sessuale. Tra le voci più catartiche della filmografia di Tsai, DAYS è un'opera sul desiderio, costruita con il consueto talento del regista per la composizione visiva e attraversata da una profonda empatia. Col consenso unanime della critica e del pubblico, Days ha vinto il prestigioso premio Teddy Award al Festival di Berlino 2020, onorificenza che attesta la migliore pellicola a sfondo LGBT.Per fare questo il regista aveva coinvolto un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles.{:en}The great Taiwanese filmmaker Tsai Ming-liang has been directing exquisite examinations of alienation, isolation, and the fleeting beauty of human connection featuring his muse Lee Kang-sheng for decades. His latest film, DAYS, will undoubtedly stand as one of his best, sparest, and most intimate works. Lee once again stars as a variation on himself, wandering through a lonely urban landscape and seeking treatment in Hong Kong for a chronic illness; at the same time, a young Laotian immigrant working in Bangkok, played by Anong Houngheuangsy, goes about his daily routine. These two solitary men eventually come together in a moment of healing, tenderness, and sexual release. Among the most cathartic entries in Tsai’s filmography, DAYS is a work of longing, constructed with the director’s customary brilliance at visual composition and shot through with profound empathy. With the unanimous approval of critics and the public, Days won the prestigious Teddy Award at the Berlin Film Festival 2020, an honor that certifies the best film with a LGBT background.
{:it}In una remota cittadina islandese, Ingimundur è un capo di polizia in congedo dopo la scomparsa della moglie in un inspiegabile incidente stradale. Quando viene ritrovata una scatola con alcuni effetti personali della donna, Ingimundur inizia a sospettare che lei lo tradisse con un uomo del posto. Lentamente la ricerca della verità diventa ossessione e inevitabilmente l’uomo inizia a mettere in pericolo se stesso e i propri cari. {:en}In a remote Icelandic town, an off duty police chief begins to suspect a local man for having had an affair with his wife, who recently died in a car accident. Gradually his obsession for finding out the truth accumulates and inevitably begins to endanger himself and his loved ones. A story of grief, revenge and unconditional love
{:it}Nel 1975 dopo il successo di El Topo e La montagna sacra Alejandro Jodorowsky era il cineasta intellettuale più ricercato del mondo, aveva carta bianca e quello che voleva era realizzare il film più importante della storia del cinema, traendo spunto dai romanzi della saga di Dune di Frank Herbert. Il suo Dune, doveva essere un film rivoluzionario in grado di cambiare la mentalità delle giovani generazioni fornendo nuovi modelli di riferimento. Per fare questo il regista aveva coinvolto un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles.{:en}In 1975, Chilean director Alejandro Jodorowsky, whose films EL TOPO and THE HOLY MOUNTAIN launched and ultimately defined the midnight movie phenomenon, began work on his most ambitious project yet. Starring his own 12 year old son Brontis alongside Orson Welles, Mick Jagger, David Carradine and Salvador Dali, featuring music by Pink Floyd and art by some of the most provocative talents of the era, including HR Giger and Jean ‘Moebius’ Giraud, Jodorowsky’s adaptation of Frank Herbert’s classic sci-fi novel DUNE was poised to change cinema forever.
{:it}Tsai Ming-liang (vincitore del Leone d'Oro nel 1994 con Vive L'Amour) torna finalmente dietro la macchina da presa, a distanza di sette anni dal suo ultimo film, Stray Dogs. Il grande maestro taiwanese ha diretto per decenni raffinate indagini sull'alienazione, l'isolamento e la bellezza fugace delle relazioni umane, con protagonista la sua musa, l'attore Lee Kang-sheng. Il suo ultimo film, DAYS, è indubbiamente uno dei suoi lavori migliori, più scarni e intimi. Racconta il regista: «Days mi ha liberato da quel processo produttivo dei cosiddetti film industriali. Ho raggruppato una crew molto più piccola e ho cercato di non sforare un budget eccessivo. Era ciò che desideravo fare» Lee interpreta ancora una volta una variazione su sè stesso, vagando nel solitario paesaggio urbano di Hong Kong in cerca di cure per la sua malattia; allo stesso tempo, un giovane immigrato laotiano che lavora a Bangkok, interpretato da Anong Houngheuangsy, procede nella sua dura routine quotidiana. Questi due uomini solitari si incontreranno in un momento di guarigione, tenerezza e liberazione sessuale. Tra le voci più catartiche della filmografia di Tsai, DAYS è un'opera sul desiderio, costruita con il consueto talento del regista per la composizione visiva e attraversata da una profonda empatia. Col consenso unanime della critica e del pubblico, Days ha vinto il prestigioso premio Teddy Award al Festival di Berlino 2020, onorificenza che attesta la migliore pellicola a sfondo LGBT.Per fare questo il regista aveva coinvolto un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles.{:en}The great Taiwanese filmmaker Tsai Ming-liang has been directing exquisite examinations of alienation, isolation, and the fleeting beauty of human connection featuring his muse Lee Kang-sheng for decades. His latest film, DAYS, will undoubtedly stand as one of his best, sparest, and most intimate works. Lee once again stars as a variation on himself, wandering through a lonely urban landscape and seeking treatment in Hong Kong for a chronic illness; at the same time, a young Laotian immigrant working in Bangkok, played by Anong Houngheuangsy, goes about his daily routine. These two solitary men eventually come together in a moment of healing, tenderness, and sexual release. Among the most cathartic entries in Tsai’s filmography, DAYS is a work of longing, constructed with the director’s customary brilliance at visual composition and shot through with profound empathy. With the unanimous approval of critics and the public, Days won the prestigious Teddy Award at the Berlin Film Festival 2020, an honor that certifies the best film with a LGBT background.
{:it}Da sempre attenta al mondo dei giovanissimi e al tema dell’identità femminile, Sciamma torna con Petite Maman alle atmosfere di Tomboy, uno dei suoi film più amati, dimostrando ancora una volta una sensibilità fuori dal comune. Il film ha per protagonista Nelly, una bambina di otto anni che dopo la morte della nonna passa qualche giorno nella casa di campagna dove è cresciuta la madre, Marion. Girovagando nel bosco, si imbatte per caso in un’altra bambina che sta costruendo una capanna di legno e con cui nasce un rapporto speciale: la nuova amica si chiama proprio Marion… Grazie a una storia che molti critici hanno accostato alla fantasia di Miyazaki, Petite Maman conquista gli spettatori con una riflessione sulla memoria, l’amicizia e la famiglia.{:en}After her grandmother dies, Nelly (Joséphine Sanz) is taken to her mother's childhood home. While her parents go about cleaning out the house, Nelly explores the surrounding woods. She encounters Marion (Gabrielle Sanz), a girl exactly Nelly's age and to whom she bears a striking resemblance. The pair become fast friends, constructing a hut together, sharing lunches, and talking over the life transitions both are in the midst of. (Marion is only days away from going to hospital for an operation.) Incrementally, the girls' eerie similarities yield revelations that merge events of the past with those of the present. Small in narrative scope but deeply impactful, Petite Maman is a delicate, powerfully acted meditation on grief and memory by waving a fond farewell to childhood innocence, the people you love and the person you once were with radiant charm. A poignant and moving coming-of-age story, and an example of the way cinema can make real both memories, without losing their bitter honesty, and dreams, without compromising on their glowing promise.
{:it}Preparate le vostre maschere terrifiche per il nuovo Hallow E’en Horror Party al Detour APS! DETOUR LOVES YOU: TUTTO A OFFERTA LIBERA! Happy Hallow E’en Drinks e Film Horror Vintage Anni '50.{:en}Get your terrific masks ready for the new Halloween Horror Party at the Detour! DETOUR LOVES YOU: EVERYTHING ON A DONATION BASIS! Happy Halloween Drinks & Horror Cult Movie from 1959!
{:it}L’esplorazione del territorio va di pari passo con l’esplorazione nella storia, per svelare l’anima più profonda del Cile. Proprio come ci ha abituati Guzmán. Nel documentario, vincitore del Festival di Cannes, le alte cime della cordigliera si caricano di una moltitudine di significati simbolici, spesso contraddittori, stratificati come la roccia. La poesia visiva del paesaggio si sovrappone alle testimonianze dei cittadini cileni, che rivivono i loro ricordi della dittatura di Pinochet. Una nostalgia, un senso di frustrazione schiacciante che non affligge solo il popolo cileno ma anche la sua Cordigliera, le voci umane si fondono con quella silente della roccia, in un commovente grido di avvertimento alle nuove generazioni, affinché non si rassegnino mai.{:en}An exiled filmmaker returns to Chile, contemplating fascism and eternity.  Winner of the Best Documentary award at the Cannes Film Festival, master filmmaker Patricio Guzmán's The Cordillera of Dreams completes his trilogy (with Nostalgia for the Light and The Pearl Button) investigating the relationship between historical memory, political trauma, and geography in his native country of Chile. It centers on the imposing landscape of the Andes that run the length of the country’s Eastern border. At once protective and isolating, magisterial and indifferent, the Cordillera serves as an enigmatic focal point around which Guzmán contemplates the enduring legacy of the 1973 military coup d’état.
{:it}Interpretato da una coppia di attrici leggendarie, Barbara Sukowa e Martine Chevallier, il film affronta un tema inconsueto come l’amore tra due donne mature, mescolando dramma, suspense e ironia. Le protagoniste, Nina e Madeleine, si amano infatti in segreto da decenni e tutti, compresi i parenti di Madeleine, pensano che siano solo vicine di casa, vivendo entrambe all’ultimo piano dello stesso palazzo. Quando la routine di ogni giorno viene sconvolta da un evento imprevisto, la famiglia di Madeleine finisce per scoprire la verità e l’amore tra le due è messo a dura prova… Già accolto con entusiasmo ai festival di Toronto, Rotterdam e Roma, rappresenterà la Francia nella corsa all’Oscar per il Miglior film straniero.{:en}Two retired women, Nina and Madeleine, have been secretly in love for decades. Everybody, including Madeleine’s family, thinks they are simply neighbors, sharing the top floor of their building. They come and go between their two apartments, enjoying the affection and pleasures of daily life together, until an unforeseen event turns their relationship upside down and leads Madeleine’s daughter to gradually unravel the truth about them.
{:it}Nel 1975 dopo il successo di El Topo e La montagna sacra Alejandro Jodorowsky era il cineasta intellettuale più ricercato del mondo, aveva carta bianca e quello che voleva era realizzare il film più importante della storia del cinema, traendo spunto dai romanzi della saga di Dune di Frank Herbert. Il suo Dune, doveva essere un film rivoluzionario in grado di cambiare la mentalità delle giovani generazioni fornendo nuovi modelli di riferimento. Per fare questo il regista aveva coinvolto un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles.{:en}In 1975, Chilean director Alejandro Jodorowsky, whose films EL TOPO and THE HOLY MOUNTAIN launched and ultimately defined the midnight movie phenomenon, began work on his most ambitious project yet. Starring his own 12 year old son Brontis alongside Orson Welles, Mick Jagger, David Carradine and Salvador Dali, featuring music by Pink Floyd and art by some of the most provocative talents of the era, including HR Giger and Jean ‘Moebius’ Giraud, Jodorowsky’s adaptation of Frank Herbert’s classic sci-fi novel DUNE was poised to change cinema forever.
{:it}Interpretato da una coppia di attrici leggendarie, Barbara Sukowa e Martine Chevallier, il film affronta un tema inconsueto come l’amore tra due donne mature, mescolando dramma, suspense e ironia. Le protagoniste, Nina e Madeleine, si amano infatti in segreto da decenni e tutti, compresi i parenti di Madeleine, pensano che siano solo vicine di casa, vivendo entrambe all’ultimo piano dello stesso palazzo. Quando la routine di ogni giorno viene sconvolta da un evento imprevisto, la famiglia di Madeleine finisce per scoprire la verità e l’amore tra le due è messo a dura prova… Già accolto con entusiasmo ai festival di Toronto, Rotterdam e Roma, rappresenterà la Francia nella corsa all’Oscar per il Miglior film straniero.{:en}Two retired women, Nina and Madeleine, have been secretly in love for decades. Everybody, including Madeleine’s family, thinks they are simply neighbors, sharing the top floor of their building. They come and go between their two apartments, enjoying the affection and pleasures of daily life together, until an unforeseen event turns their relationship upside down and leads Madeleine’s daughter to gradually unravel the truth about them.
{:it}L’esplorazione del territorio va di pari passo con l’esplorazione nella storia, per svelare l’anima più profonda del Cile. Proprio come ci ha abituati Guzmán. Nel documentario, vincitore del Festival di Cannes, le alte cime della cordigliera si caricano di una moltitudine di significati simbolici, spesso contraddittori, stratificati come la roccia. La poesia visiva del paesaggio si sovrappone alle testimonianze dei cittadini cileni, che rivivono i loro ricordi della dittatura di Pinochet. Una nostalgia, un senso di frustrazione schiacciante che non affligge solo il popolo cileno ma anche la sua Cordigliera, le voci umane si fondono con quella silente della roccia, in un commovente grido di avvertimento alle nuove generazioni, affinché non si rassegnino mai.{:en}An exiled filmmaker returns to Chile, contemplating fascism and eternity.  Winner of the Best Documentary award at the Cannes Film Festival, master filmmaker Patricio Guzmán's The Cordillera of Dreams completes his trilogy (with Nostalgia for the Light and The Pearl Button) investigating the relationship between historical memory, political trauma, and geography in his native country of Chile. It centers on the imposing landscape of the Andes that run the length of the country’s Eastern border. At once protective and isolating, magisterial and indifferent, the Cordillera serves as an enigmatic focal point around which Guzmán contemplates the enduring legacy of the 1973 military coup d’état.
{:it}Nel 1975 dopo il successo di El Topo e La montagna sacra Alejandro Jodorowsky era il cineasta intellettuale più ricercato del mondo, aveva carta bianca e quello che voleva era realizzare il film più importante della storia del cinema, traendo spunto dai romanzi della saga di Dune di Frank Herbert. Il suo Dune, doveva essere un film rivoluzionario in grado di cambiare la mentalità delle giovani generazioni fornendo nuovi modelli di riferimento. Per fare questo il regista aveva coinvolto un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles.{:en}In 1975, Chilean director Alejandro Jodorowsky, whose films EL TOPO and THE HOLY MOUNTAIN launched and ultimately defined the midnight movie phenomenon, began work on his most ambitious project yet. Starring his own 12 year old son Brontis alongside Orson Welles, Mick Jagger, David Carradine and Salvador Dali, featuring music by Pink Floyd and art by some of the most provocative talents of the era, including HR Giger and Jean ‘Moebius’ Giraud, Jodorowsky’s adaptation of Frank Herbert’s classic sci-fi novel DUNE was poised to change cinema forever.
{:it}L’esplorazione del territorio va di pari passo con l’esplorazione nella storia, per svelare l’anima più profonda del Cile. Proprio come ci ha abituati Guzmán. Nel documentario, vincitore del Festival di Cannes, le alte cime della cordigliera si caricano di una moltitudine di significati simbolici, spesso contraddittori, stratificati come la roccia. La poesia visiva del paesaggio si sovrappone alle testimonianze dei cittadini cileni, che rivivono i loro ricordi della dittatura di Pinochet. Una nostalgia, un senso di frustrazione schiacciante che non affligge solo il popolo cileno ma anche la sua Cordigliera, le voci umane si fondono con quella silente della roccia, in un commovente grido di avvertimento alle nuove generazioni, affinché non si rassegnino mai.{:en}An exiled filmmaker returns to Chile, contemplating fascism and eternity.  Winner of the Best Documentary award at the Cannes Film Festival, master filmmaker Patricio Guzmán's The Cordillera of Dreams completes his trilogy (with Nostalgia for the Light and The Pearl Button) investigating the relationship between historical memory, political trauma, and geography in his native country of Chile. It centers on the imposing landscape of the Andes that run the length of the country’s Eastern border. At once protective and isolating, magisterial and indifferent, the Cordillera serves as an enigmatic focal point around which Guzmán contemplates the enduring legacy of the 1973 military coup d’état.
{:it}Interpretato da una coppia di attrici leggendarie, Barbara Sukowa e Martine Chevallier, il film affronta un tema inconsueto come l’amore tra due donne mature, mescolando dramma, suspense e ironia. Le protagoniste, Nina e Madeleine, si amano infatti in segreto da decenni e tutti, compresi i parenti di Madeleine, pensano che siano solo vicine di casa, vivendo entrambe all’ultimo piano dello stesso palazzo. Quando la routine di ogni giorno viene sconvolta da un evento imprevisto, la famiglia di Madeleine finisce per scoprire la verità e l’amore tra le due è messo a dura prova… Già accolto con entusiasmo ai festival di Toronto, Rotterdam e Roma, rappresenterà la Francia nella corsa all’Oscar per il Miglior film straniero.{:en}Two retired women, Nina and Madeleine, have been secretly in love for decades. Everybody, including Madeleine’s family, thinks they are simply neighbors, sharing the top floor of their building. They come and go between their two apartments, enjoying the affection and pleasures of daily life together, until an unforeseen event turns their relationship upside down and leads Madeleine’s daughter to gradually unravel the truth about them.
{:it}L’esplorazione del territorio va di pari passo con l’esplorazione nella storia, per svelare l’anima più profonda del Cile. Proprio come ci ha abituati Guzmán. Nel documentario, vincitore del Festival di Cannes, le alte cime della cordigliera si caricano di una moltitudine di significati simbolici, spesso contraddittori, stratificati come la roccia. La poesia visiva del paesaggio si sovrappone alle testimonianze dei cittadini cileni, che rivivono i loro ricordi della dittatura di Pinochet. Una nostalgia, un senso di frustrazione schiacciante che non affligge solo il popolo cileno ma anche la sua Cordigliera, le voci umane si fondono con quella silente della roccia, in un commovente grido di avvertimento alle nuove generazioni, affinché non si rassegnino mai.{:en}An exiled filmmaker returns to Chile, contemplating fascism and eternity.  Winner of the Best Documentary award at the Cannes Film Festival, master filmmaker Patricio Guzmán's The Cordillera of Dreams completes his trilogy (with Nostalgia for the Light and The Pearl Button) investigating the relationship between historical memory, political trauma, and geography in his native country of Chile. It centers on the imposing landscape of the Andes that run the length of the country’s Eastern border. At once protective and isolating, magisterial and indifferent, the Cordillera serves as an enigmatic focal point around which Guzmán contemplates the enduring legacy of the 1973 military coup d’état.
{:it}Daniel è un ventenne che vive una trasformazione spirituale mentre sconta la sua pena in un centro di detenzione. Daniel vorrebbe farsi prete ma questa possibilità gli è preclusa per la sua fedina penale. Uscendo dal centro di detenzione, gli è assegnato un lavoro presso un laboratorio di falegnameria in una piccola città, ma al suo arrivo, una serie di equivoci lo porta ad essere scambiato per un sacerdote e inizia a professare in una piccola parrocchia. La comparsa di questo giovane e carismatico predicatore diventa l’occasione per la comunità, scossa da una tragedia avvenuta qualche tempo prima, per cominciare a rimarginare le sue ferite.{:en}Daniel experiences a spiritual transformation in a detention center. Although his criminal record prevents him from applying to the seminary, he has no intention of giving up his dream and decides to minister a small-town parish.
{:it}Nel 1975 dopo il successo di El Topo e La montagna sacra Alejandro Jodorowsky era il cineasta intellettuale più ricercato del mondo, aveva carta bianca e quello che voleva era realizzare il film più importante della storia del cinema, traendo spunto dai romanzi della saga di Dune di Frank Herbert. Il suo Dune, doveva essere un film rivoluzionario in grado di cambiare la mentalità delle giovani generazioni fornendo nuovi modelli di riferimento. Per fare questo il regista aveva coinvolto un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, le musiche dei Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles.{:en}In 1975, Chilean director Alejandro Jodorowsky, whose films EL TOPO and THE HOLY MOUNTAIN launched and ultimately defined the midnight movie phenomenon, began work on his most ambitious project yet. Starring his own 12 year old son Brontis alongside Orson Welles, Mick Jagger, David Carradine and Salvador Dali, featuring music by Pink Floyd and art by some of the most provocative talents of the era, including HR Giger and Jean ‘Moebius’ Giraud, Jodorowsky’s adaptation of Frank Herbert’s classic sci-fi novel DUNE was poised to change cinema forever.
Detour con gioia e un pizzico di orgoglio vi invita a partecipare alla XX Edizione dei Corsi di Fotografia di Patrizia Copponi, ex-reporter d'assalto che da più di venti anni ha deciso di dedicare la sua vita all'insegnamento, condividendo con grande passione e instancabile disponibilità la sua conoscenza tecnica e storica dell'argomento. La docente, Patrizia Copponi, è fotoreporter dal 1980. Ha collaborato con i maggiori settimanali, quotidiani e mensili italiani ed esteri. Si occupa da decenni dell’Organizzazione di attività culturali sulla comunicazione visiva e dell’insegnamento della Fotografia. Insegna al Detour dal 2012 con dedizione e passione.